Poveri zombie, come li abbiamo ridotti!
Ci siamo ormai talmente abituati a vederli camminare in branco, a osservarli disgustati mentre mordono e sbranano, a fare il tifo per chi li abbatte a fucilate o a calci sulla testa, da esserci completamente dimenticati di che cosa fossero in origine.
Era il 1929 quando un libro li fece conoscere per la prima volta ai lettori anglosassoni. William Seabrook, un autore americano di libri di viaggio all’epoca molto popolare, dedicò loro un capitolo del suo reportage da Haiti.
I suoi zombie non erano affatto mangiatori di uomini. Traduco dal suo “The Magic Island” (l‘Isola della magia): “Lo zombie è un corpo umano senz’anima. E’ un cadavere dissepolto cui uno stregone ha donato una parvenza di vita. Un morto che si può fare camminare, muovere e agire come se fosse vivo. Chi ha il potere di farlo cerca una tomba scavata da poco, disseppellisce il cadavere prima che cominci a putrefarsi, gli ordina di tornare a muoversi e lo fa diventare un servo o uno schiavo, a volte per fargli commettere un crimine ma più spesso per affidargli i lavori più pesanti e più degradanti”.
Gli zombie erano tutto tranne che cannibali. Tra l’altro non avrebbero mai potuto mangiare la carne umana, perché secondo la leggenda qualunque alimento che contenesse del sale ne provocava il risveglio e li faceva tornare alle proprie tombe.
Erano schiavi, e non è certo un caso che il loro mito sia nato ad Haiti, la cui popolazione era composta dai discendenti delle centinaia di migliaia di africani che i negrieri di mezzo mondo avevano trascinato lì in catene. Come non è un caso che i primi zombie di cui Seabrook parla lavorassero come schiavi nelle piantagioni di canna da zucchero di quella che oggi chiameremmo una multinazionale americana dell’agroalimentare.
The Magic Island riscosse un grande successo. Hollywood ne prese spunto per girare il primo film di zombie della storia: “White Zombie” (1932), in italiano “L’Isola degli zombies”. Un film orribile con Bela Lugosi ma in cui gli zombie erano fedeli alla versione originale.
Come lo saranno ancora nello straordinario “Ho camminato con uno zombie” di Jacques Tourneur (1943), e nei pochi altri film dei successivi 25 anni in cui compariranno.
Diverranno cannibali solo nel 1968, con la “Notte dei morti viventi” di George Romero. Qui comincia un’altra storia. All’inizio i morti viventi nella versione antropofaga furono chiamati zombie per similitudine. In assenza di una parola che li definisse se ne prese in prestito una che già esisteva e che per giunta suonava orrifica il giusto.
Ne nacque uno dei filoni cinematografici (e adesso anche televisivi) di maggiore successo. Un successo che ha perfino modificato il significato della parola. Oggi gli zombie non sono più gli schiavi che erano in origine. Sono diventati dei cannibali senza cervello che invadono le nostre case, sbranano i nostri figli e le nostre mogli, degli infetti il cui contatto ci fa diventare come loro, dei subumani cui possiamo sparare liberamente. Da vittime quali erano sono diventati carnefici. Vi ricorda qualcosa?
Trovo estremamente illuminante e assai significativa questa metamorfosi degli zombie, che è andata di pari passo con la demonizzazione dei poveri, degli immigrati, dei disoccupati, perfino di molte categorie di lavoratori. Con l’aumento delle disuguaglianze sociali.
Ognuno deve fare da sé. Dobbiamo difenderci dal vicino di casa che s’è trasformato in un cannibale, costruire muri per tenere fuori chi ci vuole sbranare, dobbiamo avere paura se incontriamo degli sconosciuti che camminano in gruppo.
Gli zombie, di questi tempi, sono dappertutto. Non date retta alle anime belle che vogliono farvi credere che si tratta di un pugno di disgraziati. Le buone intenzioni possono solo lastricare la strada per l’apocalisse.
Non è così che va il mondo. Per la sicurezza vostra e delle vostre famiglie, è molto meglio dormire con una 44 Magnum sotto al cuscino.
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