venerdì 30 gennaio 2015

Hic sunt leones

Qualcosa sta cambiando. La direzione del cambiamento non è ancora chiara, ma non c’è dubbio che il monolite politico-ideologico degli ultimi 30, forse 40 anni stia cominciando a mostrare più di una crepa.
Da una parte la vittoria di Syriza in Grecia e l’avanzata di Podemos in Spagna (per adesso limitata ai sondaggi e alle dichiarazioni di voto); dall’altra l’Ukip in Gran Bretagna e il Fronte Nazionale di Le Pen “figlia” in Francia. Tra di loro Beppe Grillo, che un giorno inneggia a Tsipras e l’indomani a Nigel Farage.
Salta subito all’occhio la differenza tra le opposte direzioni del malcontento politico. I paesi più colpiti dalla crisi, la Grecia e la Spagna, hanno deciso (o sembrano sul punto di farlo, nel caso della Spagna) per un’improvvisa svolta a sinistra. Sintomatico è il fatto che in entrambi i paesi ciò accada pochi anni dopo che i cittadini avevano eletto governi di centrodestra per punire la sinistra cosiddetta ufficiale, rimasta col cerino in mano al momento dello scoppio della crisi finanziaria del 2007-08 (in Grecia governava il PASOK, in Spagna Zapatero. Ve lo ricordate Zapatero? Dio, sembra passato un secolo).
Nei paesi più ricchi, come la Francia e la Gran Bretagna, il malcontento sembra invece premiare la destra razzista e isolazionista.
In mezzo l’Italia, che per essere un poco Francia e un poco Spagna, ha finito per dare credito a un partito che è a sua volta “mezzo”: un poco di destra, un poco di sinistra. E che, badate bene, se lo avesse voluto e fosse stato capace di giocare bene le sue carte, oggi sarebbe al governo.
Non so a voi, ma a me sembra che ci sia un senso in questa simmetria.
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Sono anni che leggiamo di una classe media in crisi. La classe media non è un concetto astratto. Parliamo di quel ceto che i partiti politici dell’Occidente hanno corteggiato per decenni.
La classe media, la media borghesia, a seconda dei contesti e dei paesi, era composta da medici, avvocati, notai ma anche professori, piccoli imprenditori, perfino operai specializzati.
Cittadini che per reddito e spesso livello culturale potevano permettersi di essere liberi. Di votare liberamente, senza condizionamenti di sorta. Erano il centro dell’agone politico, la magna pars di quel parco elettorale che i cosiddetti partiti pigliatutto di una volta corteggiavano con particolare passione.
Non bisognava spaventarli con proposte politiche eccessivamente sbilanciate a destra o a sinistra, per non urtarne la sensibilità sociale o per non farli sentire minacciati dal basso.
I partiti politici degli ultimi 40 anni sono stati fatti a immagine e somiglianza della classe media di cui cercavano il consenso.
Si ha come la sensazione che questi partiti politici, inconsapevolmente o forse più banalmente perché accecati dalla corruzione, abbiano finito per erodere la base del proprio stesso consenso.
Hanno distrutto la classe media, costringendola a pagarsi gli esami ospedalieri, saccheggiando i loro redditi, rubando il futuro ai loro figli. E nel frattempo hanno continuato a mettere in scena, in una coazione a ripetere, la pantomima dei partiti di centro. Senza neppure rendersi conto che quel centro non esisteva più. Non esiste più.
Improvvisamente, il paesaggio sta cambiando. I sentieri che percorriamo non sono più quelli tracciati dalle mappe. Hic sunt leones.