martedì 29 novembre 2016

Ho votato sì. Ma vaffanculo a Renzi

Mi sento di esprimere tutta la mia solidarietà ai socialisti francesi, e in modo particolare ai loro elettori. Traditi dall’ignavia di quel bugiardo voltagabbana di Hollande, fra pochi mesi si troveranno davanti a una vera e propria alternativa del diavolo. Non avete idea di quanto li capisca.
Dovranno scegliere se mandare all’Eliseo la reazionaria populista Marine Le Pen o il reazionario tecnocratico François Fillon. Oppure se rimanere a casa e assistere sgomenti alla vittoria dell’una o dell’altro: della soi-disant nouvelle Marianne, islamofobica e anti-europeista, ovvero dell’ammiratore della Thatcher che sogna di licenziare i dipendenti pubblici, tagliare le tasse ai ricchi e aumentare l’orario di lavoro.
I conservatori non hanno di questi problemi. Hanno scelto il più a destra fra i galli del loro pollaio per togliere voti al Front National, sperando poi di lucrare qualche voto socialista al secondo turno e di ripetere ciò che riuscì a Jacques Chirac nel 2002, quando al ballottaggio si trovò di fronte Le Pen padre. Chirac, tuttavia, non era Fillon. Conservatore ma non reazionario, era una pillola meno amara da mandare giù per un elettore socialista spaventato dall’alternativa lepenista.
Com’è spesso accaduto in passato, la marea populista travolge i corpi intermedi, dai sindacati alla stampa alla magistratura (idolatrata ma solo quando e finché serve), e produce governi reazionari.
Negli Stati uniti, almeno a giudicare dal boom di Wall Street, i magnati della finanza non sembrano granché preoccupati dal vaffanculo che, a detta di Grillo e di altri, il popolo americano ha urlato loro in faccia. Semmai pregustano i tagli alle tasse e la deregulation promessi da Donald Trump. D’altra parte, se il Partito Democratico non ha le antenne per capire ciò che succede e in piena deriva anti-establishment sceglie la candidata più establishment che c’era…
In Gran Bretagna, dopo Brexit, il partito conservatore ha visto crescere i propri consensi, al punto che nei sondaggi guidano con sedici punti di vantaggio sui laburisti. Sarà certo merito loro, ma forse non aiuta il fatto che Jeremy Corbyn abbia dovuto passare il suo primo anno da leader laburista a difendersi dalle mozioni di sfiducia dei suoi stessi parlamentari cosiddetti moderati.
In Spagna, il conservatore Mariano Rajoy è stato rieletto primo ministro grazie alla forzata astensione dei socialisti, costretti a cedere al ricatto dopo ben due elezioni inconcludenti e dopo che quelli di Podemos, per preservare una ridicola purezza, avevano mandato a carte quarantotto tutte le speranze che anch’io avevo risposto in loro e s’erano rifiutati di appoggiare un governo a guida socialista (caso mai qualcuno pensasse che l’Italia abbia il monopolio degli idioti alla Bertinotti, il genio delle strategie di lunghissima durata che fece cadere il governo Prodi, regalandoci nell’ordine Silvio Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi).
Gli elettori populisti non sono marziani. Alcuni sono reazionari e perfino razzisti da sempre. Altri sono ex-elettori di sinistra, che si sono sentiti dimenticati se non colpevolizzati dai politici per cui avevano votato, e hanno scelto di ribellarsi oppure di astenersi. Sono esattamente questi, gli elettori che stanno facendo la differenza.
Prendiamo Renzi. Nel giro di niente è riuscito a dilapidare il consenso del 40% che aveva preso alle ultime europee, incaponendosi in riforme ridicole come la “buona scuola” o il job’s act che gli saranno forse serviti a ingraziarsi la Merkel e i fantomatici “mercati internazionali”, ma che di sicuro gli hanno alienato il consenso della base elettorale del PD (sempre ammesso che ancora esista). Viene davvero da chiedersi in quale tipo di bolla vivano, certe persone.
In un delirio d’impotente onnipotenza, il suddetto Renzi ha scommesso le sorti del suo governo su un referendum costituzionale che definire da sbullonati è poco. E lo dice uno che è veramente spaventato da ciò che sta accadendo in Europa da aver deciso di fare sempre e comunque il contrario di ciò che dice Beppe Grillo, il populista da yacht club che, un po’ per prendersi i soldi che spettano ai gruppi parlamentari europei e un po’ anche per corrispondenza d’amorosi sensi, s'è alleato con Nigel Farage, l’ex-broker della City diventato prima milionario e poi difensore dei poveri che vorrebbe cacciarmi dal paese in cui vivo. Lo dice uno che pur di non fare come chi inneggia a Donald Trump e a Vladimir Putin, ha deciso alla fine, da piccolo elettore in ostaggio della destra, della sinistra e dei populisti, di votare sì al referendum in questione.
Caro presidente Matteo Renzi. Ho votato sì obtorto collo al tuo referendum del cavolo. Si allega alla presente un franco, democratico e anti-populista vaffanculo.

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