Leader di sinistra cercasi. Disperatamente. E non avendone sotto mano alcuno nei propri paesi, i cittadini di mezza Europa adesso guardano con speranza verso la Grecia.
Una cosa è certa. La sinistra cosiddetta ufficiale, erede dei partiti di massa del secondo dopoguerra, ha fallito.
Non ha ricette di politica economica che siano davvero alternative a quelle della destra. Al massimo, piccoli accorgimenti per rendere meno dura la vita ai propri elettori. Nulla che possa davvero scalfire l’egemonia, economica e insieme culturale, degli zombie parlanti della finanza, quelli che morirono nel 2007 ma ancora predicano dal pulpito.
Questa sinistra senza autonomia intellettuale si è di fatto consegnata all’indifferenza dell’elettorato.
In tutti i maggiori paesi europei, le sue percentuali di voto oscillano ormai da tempo tra il 20 e il 30 per cento. Anche quando vince, come solo a Hollande in Francia è riuscito di recente, lo fa giusto in virtù di una legge elettorale a doppio turno che ha consentito ai socialisti di nascondere sotto al tappeto il modesto risultato del primo scrutinio.
In questo assoluto deserto politico e intellettuale, uno Tsipras finisce con l’assurgere alle dimensioni di uno statista. I greci hanno fatto tutto quello che gli zombie parlanti chiedevano loro di fare. Hanno tagliato stipendi e pensioni, hanno ridotto del 25 per cento il prodotto interno lordo per pagare i debiti, hanno costretto alla fame centinaia di migliaia di cittadini per raggiungere un avanzo primario del 5%. Si sono comportati in maniera esemplare, ma non ha funzionato.
Pure Tsipras, attenzione, è diventato primo ministro con appena il 36 per cento dei voti, in virtù della legge elettorale greca e grazie all’alleanza con un piccolo partito della destra nazionalista.
Syriza è un partito nato nel 2001, alla vigilia della manifestazione contro il vertice del G8 di Genova, quello della caserma Bolzaneto (la partecipazione a quella manifestazione di protesta fu uno dei principali punti all’ordine del giorno). Nacque dalla fusione tra una miriade di partitini di sinistra: marxisti, trozkisti, ecologisti e così via. Una cosa di mezzo tra SEL e Rifondazione comunista. Anche dal punto di vista dei consensi elettorali. La prima volta che partecipò alle elezioni prese appena il 4%.
Poi vennero la crisi economica e la fame. La sinistra ufficiale greca, quella dei socialisti del PASOK, si trovò a essere al governo. La Grecia aveva fatto ricorso alla Goldman Sachs per truccare i bilanci pubblici, ma la compiacenza degli altri paesi europei che fino a quel momento avevano retto il gioco terminò di colpo quando i governi francese e tedesco si trovarono costretti a salvare le proprie banche dalla montagna di crediti farlocchi che avevano concesso alla Grecia (a proposito: benvenuto nel club, Massimo D’Alema. In ritardo come sempre, ma noto comunque che ti fa bene avere motivi di rancore per il tuo nuovo leader).
L’allora primo ministro greco, Papandreu figlio, di fronte alla prospettiva di dovere licenziare i dipendenti pubblici e di far pagare le tasse a Onassis, nel 2011 osò pensare a un referendum. La Merkel, Sarkozy e ovviamente i mercati internazionali lo fecero fuori (notate bene: Barack Obama, che oggi implora i leader europei di venire incontro alle richieste dei greci, si dichiarò all’epoca contrario al referendum. Se oggi sembra un sostenitore di Tsipras non è certo per simpatie politiche. E’ solo terrorizzato che una Grecia fuori dall’euro possa finire nell’area d’influenza di Putin. Pure lui, da buon leader di sinistra, le cose le capisce in ritardo).
Ad ogni modo, Papandreu figlio venne sfiduciato e si dovette tornare al voto. Vinse la destra, ma senza maggioranza. Il nuovo governo non sopravvisse. Si rivotò e stavolta, uscendo praticamente dal nulla, vinse Syriza.
Il che, secondo me, dimostra due cose.
La prima è che i leader dei maggiori paesi europei hanno la lungimiranza delle talpe. Sono stati loro, in primo luogo la Merkel, a mettere Tsipras nel posto in cui si trova. La miopia della cancelliera tedesca è talmente evidente che ha ritentato con Tsipras lo stesso giochetto che gli era riuscito con Papandreu figlio. Volete sapere una cosa? Alla vigilia del referendum proposto da Papandreu erano stati fatti dei sondaggi. In base ai quali il 60% dei greci era contrario all’accordo capestro con l’Unione europea per il ripianamento dei debiti. Cosa vi ricorda questa percentuale?
La seconda circostanza che salta evidente agli occhi, è che una sinistra che si adegua a politiche economiche di destra, che dà un colpo al cerchio e uno alla botte, che sostiene di difendere lo stato sociale e intanto taglia tutto il tagliabile e perfino di più, è condannata alla sconfitta. Peggio: all’indifferenza dei propri elettori.
Perché quando la crisi morde la carne viva delle persone, i pochi cittadini che ancora si scomodano per andare a votare scelgono di solito chi sa cosa vuole. O che, quantomeno, dà l’impressione di saperlo.
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